I due casi di bambini abbandonati a Milano dalle loro madri riaprono il dibattito sul sostegno alle gravidanze difficili e la possibilità di partorire in anonimato. La scelta drammatica di non riconoscere il proprio figlio dopo il parto è compiuta in Italia da circa 300 donne ogni anno. Sibillo, direttrice del Cav Mangiagalli di Milano: si tratta nella maggior parte dei casi di donne sole, per questo è fondamentale far conoscere i sostegni alle maternità
Marco Guerra – Città del Vaticano
Portare in grembo per nove mesi un figlio e darlo alla luce nonostante mille difficoltà e l’impossibilità di poterlo crescere è un atto d’amore che ancora stupisce e interroga, sopratutto nelle società della “cultura dello scarto” dove i più fragili sono lasciati soli. C’è quindi un drammatico altruismo alla base della scelta che fanno centinaia di donne in Italia ogni anno, partorendo in anonimato in ospedale o nei casi più rari ed estremi lasciando il neonato nelle cosiddette culle per la vita, le odierne “ruote degli innocenti” che consentono di consegnare il bambino ad un ambiente sicuro, senza essere viste ed identificate.
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