A lungo ha atteso email di risposta che non sono mai arrivate. Le aspetta ancora, dal governo del Paese che sembrava intenzionato ad accoglierla e dall’agenzia dell’Onu per i rifugiati, l’Unhcr, che avrebbe dovuto proteggerla. Da quei messaggi di posta elettronica dipende se un nuovo capitolo della sua vita potrà finalmente aprirsi oppure no. Sadaf Afghan (nome inventato con cui ci chiede di venire chiamata) è fuggita dall’Afghanistan una sera di un anno fa. In tasca un visto legale per il Pakistan, Paese di transito da dove avrebbe atteso il via libera per raggiungere l’Australia. «Sono partita per Islamabad con le mie sorelle e il resto della famiglia, dopo avere ricevuto la lettera di conferma delle autorità australiane disponibili a tenere il colloquio che prelude al trasferimento», racconta con voce garbata al telefono, in un inglese perfetto. Non ci risponde dal Pakistan, tantomeno dall’Australia. Rilascia l’intervista dall’Afghanistan, dove ha dovuto fare ritorno, dopo che il padre è stato deportato dalla polizia pachistana, costringendo tutta la famiglia a tornare indietro con lui. Ora Sadaf è nascosta in una località segreta. Aspetta di ricevere nuovi documenti e di rimettersi in viaggio.

La sventura che la sua famiglia ha dovuto affrontare in Pakistan è ormai destino diffuso e comune. Dalla scorsa estate le autorità di Islamabad hanno iniziato a deportare i cittadini afghani entrati illegalmente nel Paese, ma anche quelli titolari di visti legali ormai scaduti (e, nella pratica, impossibili da prorogare). Da ottobre arresti e deportazioni si sono fatti sempre più frequenti. Negli ultimi due anni, con un’accelerazione dall’estate del 2021 per l’arrivo dei taleban al potere, in Pakistan sono stati oltre 250.000 i nuovi arrivi di persone in fuga dal territorio afghano. Tra questi, attivisti, giornalisti, noti funzionari governativi, uomini e soprattutto donne a rischio, inseriti nelle liste per i “resettlement” occidentali, ma rimasti bloccati entro i confini pachistani per i pesanti ritardi nel rilascio dei visti da parte dei governi che avevano promesso aiuto. Ora che l’Occidente sembra essersi scordato degli impegni presi per le evacuazioni e l’accoglienza, anche il Pakistan si libera di questi “ospiti” che avrebbero dovuto essere solo di passaggio.